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Serie D | Ferreira Pinto, da Quinto do Sol a Ponte San Pietro: samba, polenta e gol

Havaianas, capirinha, carnaval do Brasil. Casonsei, polenta e un po’ di strachitunt. Samba orobica, insomma, con Ferreira Pinto. Che della samba ha qualche movenza e qualche lampo. Mentre di bergamasco tanta, ma tanta sostanza. Rieccolo lì Ferreira Pinto, a Ponte San Pietro: domenica punizione deviata dalla barriera e rasoiata mancina. Stessa musica: gol. Non se ne era mai andato.

Le ali ai piedi ma anche piedi per terra

Nella sua storia ce ne sono mille. Altro che spiaggia e sole e via così: a raccogliere frutta e verdura, invece. A portar mattoni. A portar da mangiare a casa. Ma ha un dono, anzi due: talento, nel contempo umiltà. Così quando vola in Belgio per un provino con lo Standard Liegi e gli tocca tornare, lui torna a lavorare. E a sognare. Sogni e sudore van di pari passo. Anche se Lanciano non è proprio la terra promessa… Lo è per lui: trova Marianna, l’amore. Trova la prima tappa di una carriera che dirà Perugia, Cesena, soprattutto Atalanta. Poi Varese, Lecce e infine casa, di fatto: Ponte San Pietro come Quinto do Sol.

Svernare e vivacchiare, verbi e concetti sconosciuti

Uno che tra Serie A e Serie B ha messo giù quasi 250 presenze, cosa verrà mai a fare in Serie D? Due palleggi, qualche mese e ciao. Ma va là. Ferreira Pinto piomba su Ponte il 28 settembre 2014: l’allora Pontisola contro il Mapello. E l’allora speaker Ivo Manzoni: “Con il numero 10, Ferreiraaaa… Pintoooooo!!”. Samba orobica. Più che altro sostanza. 2 gol il primo anno, meno di 10 presenze: ecco, ecco che smette? 9 reti il secondo, 7 il terzo, 16 il quarto, 11 il quinto. Ora 2. A Ponte, fin qui, 155 presenze e 49 gol. Smettetela di contar su balle, piuttosto.

Ostacoli saltati come marcatori, dal più piccolo al più grande

Moglie e figli gli fanno la pagella a fine gara, racconta. Il padre lo ha lasciato presto. Sorrisi e lacrime. Lui avanti, sempre. Nell’Atalanta, racconta, si trovava di fronte i Nesta e i Maldini: buttava avanti la palla e sperava. Ora, chiaro, altro livello. Ed altra consapevolezza. Tocchi che fan capire subito la pasta di uno che ha vissuto la massima serie. Ma ancora gamba, a modo suo: nel ripiegare, nei tanti allunghi, in qualche folata, nell’essere dannatamente sempre al posto giusto. Con quell’andatura stramba, con quei polpacci da far paura, con quel sorriso di chi di strada ne ha fatta tanta e continua a sorridere e far sorridere. In sottofondo, una musichina: un po’ brasiliana, un po’ bergamasca. Soprattutto, di sostanza.

Luca Mignani

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